Il contesto

I numeri

Nel mondo, i migranti forzati sono 65.300.000, tra cui 21.300.000 rifugiati. L’Unione Europea, che ha una popolazione di 510.000.000 abitanti, ne accoglie 4.400.000.

In Italia, nel decennio 2006-2016 è molto cresciuto il numero degli sbarchi. Nel 2006, sono arrivate via mare 22.000 persone. Nel 2016, sono state oltre 180.000. E anche nei primi tre mesi del 2017 il trend si è confermato, con 24mila persone sbarcate.

Ad essere aumentati sono i cittadini stranieri che fanno domanda di protezione internazionale: poco più di 10mila nel 2006, 123.600 nel 2016. Questa procedura è, di fatto, l’unico modo per cercare di risiedere regolarmente in Europa e, quindi, in Italia.

A molte persone però non viene riconosciuta nessuna forma di protezione internazionale: nel 2016 il 61,3% delle oltre 90mila domande analizzate ha ricevuto un esito negativo.

Il numero degli stranieri residenti nel nostro Paese è rimasto sostanzialmente stabile: erano 4.900.000 nel 2014, 5.000.000 nel 2015 e sono rimasti all’incirca lo stesso numero nel 2016.

In assenza di immigrati la popolazione in Italia si sarebbe ridotta di 128mila unità dal principio del 2002 all’avvio del 2015, a causa di un saldo naturale sempre più in rosso. Al contrario, grazie ai nuovi arrivi e alle loro nascite, nello stesso periodo gli stranieri hanno fatto salire la popolazione residente nel Paese di 3,8 milioni, a 60,8 milioni.

Gli immigrati danno un notevole impulso soprattutto alla popolazione in età lavorativa: nel 2015 i cittadini stranieri in questa fascia demografica erano quasi 4 milioni (il 10,0% del totale); secondo proiezioni ISTAT, nel 2065 saranno oltre 7 milioni (22,7%). Nel cinquantennio 2015-2065 la popolazione autoctona di 15-64enni diminuirà di oltre 170mila unità all’anno. Una depressione demografica notevole che non potrà che essere contrastata – almeno parzialmente – da consistenti flussi di immigrazione, pena un forte ridimensionamento dell’economia e di tutta la vita sociale del Paese.

Dal 1998 al 2007 il PIL totale italiano è salito del 14,4% in termini reali, ma senza gli stranieri sarebbe salito solo del 10,5% . Nei successivi sette anni di crisi il PIL complessivo è calato ma sarebbe sceso ancora di più senza i lavoratori immigrati. Il peso economico del lavoro straniero ha continuato a crescere durante la crisi, superando i 120 miliardi nel 2015, l’8,7% del PIL complessivo.

Per salvaguardare la forza lavoro indispensabile per garantire la capacità produttiva del paese e per rendere sostenibile il sistema previdenziale, è necessario che arrivino in Italia circa 157mila migranti all’anno per i prossimi dieci anni.   

Le norme

L’UNIONE EUROPEA

In base al Trattato sul funzionamento, spetta all’Unione Europea definire sia una procedura comune e semplificata di ammissione di cittadini extra-comunitari per residenza e/o lavoro in uno Stato membro sia un insieme comune di diritti per gli stranieri che vi soggiornano legalmente. I paesi dell’Unione conservano, però, la facoltà di stabilire in autonomia i tassi di ammissione di persone provenienti da paesi terzi in cerca di lavoro. In pratica si osserva, a oggi, un’ampia eterogeneità non solo dei tassi ma anche delle regole di ammissione dei cosiddetti migranti economici.

Dall’accordo di Schengen, siglato nel 1985 ma in funzione solo dieci anni dopo, la gestione delle frontiere verso i paesi extra-UE è diventato un aspetto di necessaria competenza europea. L’accordo prevede, infatti, l’abolizione dei controlli alle frontiere tra paesi membri, creando uno spazio di libera circolazione sia per i cittadini dell’Unione sia per quelli di paesi terzi. A oggi aderiscono a Schengen 26 paesi, di cui 22 dei 28 membri dell’Unione europea e quattro non membri (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera). Non ne fanno parte Bulgaria, Cipro, Croazia e Romania, per i quali il Trattato non è ancora entrato in vigore. Irlanda e Regno Unito, invece, non hanno aderito alla convenzione.

La caduta delle frontiere interne ha avuto come conseguenza il rafforzamento di quelle esterne. L’appartenenza a Schengen implica una cooperazione delle forze di polizia tra tutti i membri per combattere la criminalità organizzata e il terrorismo, attraverso una condivi- sione dei dati sui movimenti di persone e merci. Nonostante la responsabilità quotidiana dei controlli e della sorveglianza delle frontiere esterne rimanga di competenza degli Stati membri, i sistemi di sicurezza delle frontiere nazionali vengono sempre più integrati. Il perno delle misure che consentono la cooperazione operativa nella gestione delle frontiere è rappresentato dall’agenzia europea Frontex. Essa effettua analisi dei rischi alle frontiere e organizza programmi di formazione per le guardie di frontiera. Frontex ha anche un ruolo attivo nella cooperazione, coordinando le operazioni di gestione delle frontiere e organizzando quelle di rimpatrio.

L’accordo di Schengen prevede che i membri dello spazio abbiano la possibilità di ristabilire controlli eccezionali e temporanei alle frontiere interne. Questa decisione deve essere giustificata da una “minaccia grave per l’ordine pubblico e la sicurezza interna” o da “gravi lacune relative al controllo delle frontiere esterne” che potrebbero mettere in pericolo “il funzionamento generale dello spazio Schengen”. Da settembre 2015 alcuni paesi dell’Unione (Germania, Austria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Francia e Danimarca) hanno temporaneamente reintrodotto alcuni controlli delle frontiere a fronte della forte pressione migratoria da Nord Africa e Medio Oriente e dei più recenti attacchi terroristici in Francia e Belgio.

Il regolamento di Dublino è il documento principale adottato dall’Unione in tema di diritto d’asilo. È stato sottoscritto anche da paesi non membri, come la Svizzera. Cosa prevede il regolamento. Il regolamento impedisce di presentare una domanda di asilo in più di uno stato membro, e prevede che la domanda la esamini lo stato dove il richiedente ha fatto ingresso nell’Unione.

L’ITALIA

Gli stranieri che vogliono soggiornare in Italia per più di tre mesi devono richiedere un permesso di soggiorno, che può essere rilasciato per motivi di adozione, asilo politico, lavoro autonomo, lavoro subordinato, lavoro subordinato-stagionale, missione, religiosi, protezione umanitaria, residenza elettiva, ricerca scientifica, status di apolide, studio.

Può richiedere asilo o protezione in Italia il cittadino straniero che teme di essere perseguitato nel paese di cui ha la cittadinanza o la cui vita è minacciata dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto.

Le politiche migratorie e occupazionali per i cittadini stranieri sono regolate dalla legge Bossi-Fini (numero 189 del 30 luglio 2002). Prende il nome dagli ex leader di Alleanza nazionale Gianfranco Fini e della Lega nord Umberto Bossi (all’epoca rispettivamente vicepresidente del consiglio e ministro per le riforme istituzionali nel governo Berlusconi) e modifica e sostituisce la precedente legge Turco-Napolitano (la numero 40 del 6 marzo 1998).

Cosa prevede la legge per i migranti per motivi economici:

Permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Può entrare in Italia solo chi è già in possesso di un contratto di lavoro che gli consenta il mantenimento economico. Dopo l’ingresso, il permesso di soggiorno va richiesto entro otto giorni. Il permesso ha una durata fino a due anni per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, fino a un anno negli altri casi. La legge prevede un permesso di soggiorno di un anno agli immigrati che perdono il lavoro e ha aumentato il numero degli anni (da cinque a sei) necessari per ottenere la carta di soggiorno (il requisito è stato successivamente riportato a cinque anni per l’adeguamento a una direttiva europea).

Impronte digitali e restrizioni delle tutele. La Bossi-Fini ha introdotto l’obbligo di rilevamento e registrazione delle impronte digitali degli immigrati al momento del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno. Ha inoltre imposto restrizioni alla possibilità di tutela in caso di respingimento e ha innalzato da 30 a 60 giorni il tempo massimo di trattenimento nei centri di permanenza temporanea. Il tetto è stato stabilito fino ad un massimo di 180 giorni dal pacchetto sicurezza del 2009.

Respingimenti in acque extraterritoriali e reato di favoreggiamento. La norma ammette i respingimenti al paese di origine in acque extraterritoriali, in base ad accordi bilaterali tra Italia e paesi limitrofi. Chi aiuta i migranti a entrare nel paese rischia l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, reato punito con la reclusione fino a tre anni e con una multa fino a 15mila euro per ogni persona “favorita”.

Espulsioni immediate con accompagnamento alla frontiera. Come la legge Turco-Napolitano, l’espulsione degli immigrati irregolari privi di permesso di soggiorno ma con validi documenti d’identità viene emessa in via amministrativa e deve essere immediatamente eseguita con l’accompagnamento alla frontiera da parte della forza pubblica. Gli immigrati irregolari ma privi di documenti di identità validi vengono portati in Centri di permanenza temporanea (istituiti dalla legge Turco-Napolitano e successivamente rinominati Centri di identificazione ed espulsione, Cie), al fine di essere identificati e poi respinti.

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