Emersione dal lavoro nero. Una proposta

Almeno 1 miliardo di entrate fiscali ogni anno. Queste le risorse che deriverebbero per lo Stato da una “operazione legalità” attraverso un provvedimento di emersione rivolto a quei cittadini stranieri – già presenti nel nostro Paese – che hanno un lavoro ma non hanno i documenti per essere assunti, secondo i promotori della campagna “Ero straniero” che hanno voluto offrire a governo e Parlamento un contributo molto concreto alla legge di bilancio.

Una scelta di legalità e sicurezza: un provvedimento straordinario di emersione per i cittadini stranieri irregolari e costretti al lavoro nero. Sarebbe una soluzione win-win, con effetti positivi per tutti in breve tempo: a livello economico, con nuove entrate per lo Stato, e a livello sociale, in termini di sicurezza e impatto positivo sui territori. Questa la proposta avanzata il 12 novembre nel corso di una conferenza stampa dai promotori di Ero straniero, che nel 2017 hanno depositato con 90.000 firme alla Camera la proposta di legge di iniziativa popolare per superare la legge Bossi-Fini, ora all’esame della  Commissione affari costituzionali. 

Punto di partenza del ragionamento è il contrasto all’irregolarità, una questione sempre più urgente, visto l’aumento dei numeri: secondo l’ultimo Dossier statistico immigrazione (Idos), i 530 mila stranieri irregolari stimati in Italia a inizio 2018 lieviteranno entro il 2020 a oltre 670 mila ed è ormai noto a tutti che queste persone difficilmente potranno essere rimpatriate e finiranno per ingrossare le fila del lavoro nero, dei circuiti illeciti e della marginalità sociale. 

“Ci rivolgiamo – hanno dichiarato i promotori – a governo e Parlamento,  impegnati in queste settimane con la manovra, con un semplice calcolo: con un provvedimento di emersione dal nero e regolarizzazione, entrerebbero almeno 1 miliardo di euro per lo Stato, ogni anno. Considerando l’emersione per 400.000 persone – quindi non tutti, ma una parte degli irregolari stimati oggi in Italia- e considerando che il reddito medio mensile di un lavoratore in Italia è di 20.000 euro lordi l’anno (media tra autonomo e dipendente secondo l’Istat), si avrebbe a regime una entrata di 2.232 euro all’anno a persona, che per 400mila persone fa 893 milioni di euro di gettito fiscale. A cui vanno aggiunte le entrate “una tantum” per i costi amministrativi ed eventuali contributi forfettari per l’emersione. “1 miliardo all’anno  servirebbe a coprire, ad esempio, una parte dei costi di scuola e istruzione – aggiungono i promotori -, settore che nella manovra per il 2020 non sembra godere di stanziamenti adeguati .

Ancora maggiori i benefici se guardiamo ai contributi previdenziali: oltre 3  miliardi. E sono tutti benefici, fiscali e contributivi, destinati a durare nel tempo, come ha dimostrato la sanatoria del 2002, che ha regolarizzato 650mila persone: di questi nuovi lavoratori, dopo cinque anni, ne risultavano impiegati l’85 per cento. Gli effetti positivi per la collettività sarebbero molteplici: si avrebbero maggiore controllo e contezza delle presenze sui nostri territori di centinaia di migliaia di persone di cui oggi non sappiamo nulla, e quindi maggiore sicurezza per tutti. Inoltre, si andrebbe incontro ai tanti datori di lavoro che, bisognosi di personale, non possono assumere persone senza documenti, anche se già formati, come ha ricordato Renzo Sartori, presidente di Number 1 Logistics Group di Parma, leader italiano nella logistica integrata, che ha portato una testimonianza molto forte: “Quello attuale è un sistema sbagliato che non permette di portare a compimento il percorso di integrazione intrapreso da tanti richiedenti asilo in Italia. La storia di Victor è emblematica: dopo essere stato formato e aver lavorato all’interno dell’azienda nell’ambito di un progetto di inclusione lavorativa, ora non può più farlo, avendo ottenuto una risposta negativa alla richiesta di asilo. Si ritrova senza documenti, costretto a vivere illegalmente in Italia pur avendo un’azienda che vuole assumerlo e può assicurargli un futuro”.

“Serve oggi un forte segnale di discontinuità rispetto alla normativa esistente, che ha dimostrato ormai di essere del tutto inefficace per gestire le politiche di ingresso e soggiorno nel nostro Paese e che produce evasione fiscale, concorrenza sleale, illegalità, marginalità sociale e sfruttamento lavorativo – hanno ribadito i promotori. Ma crediamo che non si possa procedere solo con un provvedimento straordinario di emersione, ma che si debba approvare la proposta di legge di iniziativa popolare in discussione alla Camera che prevede un meccanismo di regolarizzazione su base individuale, a fronte di un contratto di lavoro, con il rilascio di un permesso di soggiorno per comprovata integrazione. Siamo fiduciosi che il Parlamento non perderà questa occasione”. 

 

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